Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
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Non so perchè ma questo fine agosto/inizio settembre mi ha ispirato questa poesia... ricordi di anni passati.
Toh!
RispondiEliminasecondo me è qualcosa di inconscio... dovrei tornare a "pasciare" le pecore forse.
RispondiEliminaNon so. In ogni caso ogni volta che inizia settembre, questa poesia viene in mente anche a me. Ma forse dipende dal fatto che siamo entrambi abruzzesi!?
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